I bambini possono avere ansia da separazione, che si manifesta con segni di disagio e di protesta e spavento quando la mamma o la figura che si occupa principalmente di lui si allontana. Questa reazione compare attorno agli otto mesi di vita. Attorno a questa età il bambino non ha ancora la capacità di rendersi conto delle nozioni di spazio e di tempo: se non vede la mamma vicino a sé, per lui significa che è sparita e non tornerà. Questo tipo di ansia diventa poi più intensa attorno ai 13-18 mesi per poi ridursi tra i 3 ed i 5 anni. Sempre attorno agli otto mesi il bambino ha ormai imparato a riconoscere i volti famigliari ed è in grado di differenziarli da quelli estranei, verso i quali mostra diffidenza.
I genitori devono aiutare il loro bambino a superare questa normale fase di crescita e incoraggiarlo nel processo di distacco ma tendenzialmente non riescono a rimanere tranquilli di fronte alla disperazione del loro figlio.
Specie per la mamma questo è un momento difficile, perché deve fare i conti con i propri sensi di colpa e le preoccupazioni, e rischia di adottare dei comportamenti che possono bloccare il bisogno di esplorazione del figlio. Bisogna ricordarsi che i bambini sono delle “spugne emotive”, ovvero, captano molto facilmente le emozioni degli adulti che si occupano di loro: se la mamma è timorosa, il figlio capirà che separarsi da lei è pericoloso e sarà trattenuto nel farlo.
Come aiutare il bambino
Per aiutare il bambino a staccarsi in modo sereno, i genitori prima della separazione devono prepararlo. Ad esempio, non dovrebbero sparire improvvisamente nella speranza che lui non se ne accorga, perché questo produce molta angoscia nel momento in cui il bambino si trova “solo”.
È molto meglio agire in modo graduale, salutando il bambino, sorridendogli, e rassicurandolo sul fatto che torneranno. A volte i genitori, per allontanarsi agevolmente, fanno promesse che poi non manterranno, come garantire che torneranno subito anche se non è vero, oppure assicurare regali che poi non porteranno. I bambini hanno bisogno di fidarsi degli adulti, di verificare che mantengono le promesse: l’adulto che all’improvviso sparisce rende il bambino insicuro e sfiduciato. Sarebbe molto più saggio non sottovalutare le reazioni di protesta del figlio, non rimproverarlo o svalutarlo con frasi del tipo “sei grande per piangere”, ma bisognerebbe riconoscere il suo dolore e consolarlo. Il bambino può essere rassicurato con un abbraccio, oppure, se è abbastanza grande per capire delle spiegazioni, dirgli perché lo si deve lasciare e quando si tornerà a prenderlo, cosa si farà insieme a lui al ritorno.
Un momento della giornata che comporta una certa ansia per il bambino è quello dell’addormentamento, quando, non raramente, egli chiede di poter andare nel lettone dei genitori. Anche in questo caso è bene non accondiscendere alle richieste del bambino ma accompagnarlo nella fase di addormentamento, raccontando una storia, cantando una ninna nanna e dando il bacio della buona notte, che ha un effetto calmante.
Quando l’ansia è patologica?
In alcuni casi, purtroppo, l’ansia da separazione può trasformarsi in un disturbo patologico quando le reazioni sopra descritte perdurano oltre l’età in cui ce le si aspetta, sono eccessivamente intense e inappropriate, creano forti limitazioni nella vita del bambino.
Come riconoscere il disturbo di ansia da separazione? In genere compaiono alcuni tra questi sintomi: eccessiva angoscia se i famigliari sono lontani, paura che possa accadere loro qualcosa di terribile, paura di essere rapiti, rifiuto di andare a scuola, paura di perdersi, comparsa di malesseri fisici in seguito alla minaccia di una separazione, paura del buio e disturbi del sonno. Nella vita di tutti i giorni, i bambini con ansia non mostrano coinvolgimento per le attività adatte alla loro età, ma sono invece molto attenti a quelle dei genitori per controllare che non si allontanino.
Quando è necessario rivolgersi ad uno specialista?
È raccomandato curare il bambino in tempo, perché il rischio è che la sofferenza si protragga fino all’età adulta, originando disturbi quali attacchi di panico o agorafobia. Per curare il bambino sarebbe opportuno coinvolgere tutta la famiglia, sia per sostenere i genitori che per comprendere meglio il significato del disagio nell’ambiente di vita. Bisogna infatti tener presente che le famiglie hanno una certa responsabilità nel malessere dei figli: genitori troppo ansiosi, iperprotettivi o ossessivi amplificano il disagio del figlio. Gli adulti non dovrebbero mai dimenticare quanta importanza hanno nell’influenzare il loro figlio, sia per le cose positive, che, purtroppo, anche per le patologie.