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Dott.ssa Alessandra Banche, Psicologa, Neuropsicologa, Psicoterapeuta Cognitivo- Comportamentale, Sessuologa, Pratictioner in EMDR.
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I bambini nel lettone: il cosleeping

Posted on 15 Dicembre 20187 Ottobre 2022 by Dott.sa Alessandra Banche

Chi di voi lettori ha esperienza con i bambini, saprà bene come loro adorino dormire nel letto di mamma e papà. La scelta di fare dormire i bambini nel lettone, il cosleeping, può avvenire in differenti modi e per differenti motivi. Ci sono mamme che per comodità nell’allattamento decidono di tenere il loro bimbo con sé nel letto (cosa in realtà consigliata da molte ostetriche). Altri genitori preferiscono dormire con i loro bimbi per sentirli più vicini, per consolarli subito se piangono. Altre volte i bambini vengono invitati, o si “autoinvitano” nel letto di mamma e papà, perché non riescono a prendere sonno, si svegliano in piena notte in preda ad incubi, mostrano segnali di disagio nello stare a dormire da soli.

Differenze culturali

Nella società occidentale, il rifiuto di dormire da soli è considerato il segnale della difficoltà a staccarsi dai genitori. Eppure in culture differenti dalla nostra, il cosleeping (dall’inglese dormire insieme) è considerato assolutamente normale nei primi mesi o anni di vita.

I genitori di altri paesi considerano infatti il condividere il lettone come un modo per proteggere il loro bambino: questa necessità svanisce spontaneamente negli anni, fino a che il bambino non ne sente più il bisogno.

Da un’indagine che ha coinvolto 19 paesi, è emerso che i genitori asiatici, africani e latinoamericani vedono con preoccupazione il fatto di non potere dormire con i propri bimbi piccoli mentre in Europa, Nord America e Australia si ritiene che il cosleeping possa danneggiare la riservatezza sia degli adulti che dei bambini. Le famiglie degli immigrati tendono a conservare la pratica del cosleeping anche quando si trasferiscono in un paese con cultura occidentale.

Proprio qualche mese fa mi è capitato di confrontarmi sull’argomento con un amico statunitense. Egli mi diceva che il suo bimbo, appena nato, è stato messo a dormire da solo nella sua cameretta (gli americani puntano molto sul concetto di autonomia e individualità fin da subito!), mentre un suo collega, di origine indiana, condivideva il lettone con i suoi due bambini.

Cosa dicono i pediatri

Ma chi avrà ragione? L’associazione dei pediatri americana sconsiglia la condivisione del letto con i bambini per il rischio di soffocamento accidentale del lattante. In Occidente il cosleeping è socialmente disapprovato, ci sono state addirittura imputazioni di omicidio per genitori che avevano condiviso il letto con i loro figli morti durante il sonno.

In effetti il rischio di soffocamento o di schiacciamento è elevato, e le conseguenze possono essere fatali: è possibile però avvalersi di supporti, quali lettini aperti affiancati a quello dei genitori, o apposite barriere da applicare direttamente sul materasso.

Il cosleeping non è riscontrato solo in società poco industrializzate, perché è molto diffuso anche in Cina, Giappone, Corea tra le classi abbienti. Il cosleeping nel corso dell’Ottocento era altamente praticato anche in Occidente. Nel corso del novecento autorevoli pediatri hanno scoraggiato la pratica attraverso le loro pubblicazioni fino a che, in anni più recenti, il “dormire insieme” è stato nuovamente riabilitato per i suoi effetti benefici, come il rafforzamento della relazione madre bambino, il facilitare l’allattamento al seno durante le ore notturne, minori problemi di insonnia sia della madre che del bambino. Pare che i bambini che dormono con le loro mamme abbiano un livello basso di cortisolo (l’ormone dello stress), livelli elevati di GH (l’ormone della crescita), una respirazione, un ritmo cardiaco e una temperatura corporea più regolari. Il cosleeping sembrerebbe salutare anche per i padri, perché li aiuterebbe a migliorare l’accudimento verso i figli.

Bisogna però distinguere tra il cosleeping primario e quello secondario. Il primario è quello di cui vi ho parlato fino ad ora, mentre il secondario viene adottato come soluzione a delle difficoltà di addormentamento dei bambini che prima invece dormivano già da soli. Il cosleeping tardivo o secondario, comincia come una risposta temporanea a una situazione stressante, come un lutto, la separazione dei genitori, problemi di ansia dei bambini, e porta spesso a scambi di letto e confusioni di ruoli, cosa non salutare per l’equilibrio di genitori e bambini.

La situazione in Italia

Dagli studi emerge che in Italia prevale il cosleeping secondario: sembrerebbe essere scaturito dalla combinazione di stress sia dei genitori che dei bambini. Esso però è controproducente, perché non è una valida soluzione ai problemi che lo hanno generato. Il cosleeping secondario perderebbe perciò ogni effetto benefico attribuito al primario ed anzi, potrebbe essere un ostacolo al suo percorso di autonomia perché non gli consentirebbe di imparare a gestire da solo l’ansia legata ai disturbi del sonno.

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