Prendere qualcosa dallo scaffale di un negozio e portarlo a casa senza dovere pagare è un’idea irresistibile per chi soffre di cleptomania. Poco importa se il portafoglio è pieno e l’oggetto in questione è inutile: l’impulso prevale sulla logica! Chi soffre di cleptomania non agisce per la voglia di trasgressione o per il vantaggio economico, ma perché è malato.
Il cleptomane sente un impulso irrefrenabile ad impossessarsi di un oggetto altrui e ruba per liberarsi da questa tensione interna. A furto avvenuto, inizialmente prova sollievo a cui però segue vergogna per l’atto. Certe volte il senso di colpa è così grande da costringerlo a restituire la refurtiva. Egli, mentre compie il furto, è consapevole di stare facendo una cosa sbagliata, ma l’irrazionalità ha il sopravvento su di lui. Non lo fa per necessità, rabbia, vendetta o invidia. Il piacere conseguente non è legato al possedere una nuova cosa, ma ad avere placato la sua tensione interna.
Possedere l’oggetto diventa irresistibile, indipendentemente dal suo valore e dalle possibili conseguenze del gesto. Le conseguenze dell’atto infatti possono essere molto gravi, da comportare multe, licenziamenti (se avviene sul luogo di lavoro), arresti e grossi danni d’immagine.
I cleptomani, disperati per la loro malattia, possono avere grandi difficoltà a concentrarsi sul lavoro e ad uscire di casa, in casi estremi possono arrivare al suicidio perché non sanno come fare per porre fine alla mania. Provano molta vergogna e per questo non parlano a nessuno del loro problema, neppure ai famigliari, e sono restii ad andare dal medico. Se cercano delle cure, lo fanno per disturbi concomitanti, come ansia e depressione.
Diffusione
Al 1816 risalgono i primi casi documentati di cleptomania. Il medico svizzero A. Matthey coniò tale termine, che deriva dalla parola greca Kléptein (rubare) per descrivere i furti commessi da persone benestanti che si sentivano costrette a rubare.
La cleptomania è rara e si stima possa riguardare lo 0,6% della popolazione. Interessa maggiormente persone con problematiche psichiatriche (specie disturbi alimentari, disturbi d’ansia e depressione, dipendenza da gioco d’azzardo e di abuso di sostanze), oppure con decadimento cognitivo. Ne soffrono di più le donne rispetto agli uomini, e l’insorgenza è nell’epoca dell’adolescenza. Un campanello d’allarme potrebbe esserci già in età infantile, se ci sono episodi di appropriazione di oggetti degli amichetti.
Le cure
Sembra però possibile curare questa patologia attraverso la psicoterapia cognitivo comportamentale e farmacologica combinate insieme. La psicoterapia insegna ai pazienti a riconoscere i segnali che precedono l’intensificarsi dell’impulso a rubare e poi ad applicare strategie per tollerare e controllare l’impulsività. Tra i farmaci più efficaci, sembrano esserci gli antidepressivi, gli stabilizzatori dell’umore e gli antagonisti degli oppiacei.