Le persone, per loro natura, possiedono una capacità innata di curare le proprie ferite emotive. Le emozioni intense, come la rabbia, la delusione, l’odio, la disperazione, col tempo tendono a diminuire la loro intensità. Questo accade perché il nostro cervello, per istinto di sopravvivenza, è programmato per farci superare anche gli eventi che ci inquietano maggiormente.
Gli eventi traumatici si differenziano dagli altri tipi di eventi spiacevoli perché ci hanno fatto sentire in pericolo di vita, ci hanno fatto sperimentare una paura intensa, tanto da arrivare a pensare di essere senza via di scampo.
I traumi sono esperienze troppo dolorose ed il nostro cervello non riesce ad elaborare in modo naturale così tanta sofferenza. Quando il dolore è troppo grande il trascorrere del tempo non aiuta a dimenticare perché la brutta esperienza vissuta rimane sempre viva. Così, dopo mesi, a volte anni, ci ritroviamo a ricordare nei minimi particolari ogni attimo dell’evento che ci ha cambiato la vita, sentiamo vive le emozioni che lo hanno accompagnato, lo sogniamo la notte e notiamo che fenomeni insignificanti hanno il potere di risvegliare la nostra memoria traumatica e farci soffrire.
Un esempio clinico
Ricordo il caso di una vittima di abuso sessuale, che si rivolse a me dopo che erano trascorsi più di tre anni dall’accaduto. Dopo l’episodio aveva trascurato la sua salute psicologica, convinta che avrebbe dimenticato: era molto concentrata sulla causa legale conseguente l’avere denunciato la violenza. Iniziò a soffrire di attacchi di panico, ma preferiva attribuire il sintomo a delle problematiche fisiche. Come molte persone che soffrono di ansia, fece una lunga serie di esami medici che esclusero la possibilità di cause organiche alla sua sofferenza.
Si rese conto che aveva difficoltà a relazionarsi con gli uomini: le sue storie ora finivano subito! Inoltre, aveva timore ad uscire da sola, a stare a casa da sola. Aveva frequenti crisi di pianto, era irritabile: si comportava come chi si sente perennemente in pericolo. Lei stessa sosteneva che prima dell’abuso non aveva paura di nulla, le piaceva divertirsi.
Solo con l’aiuto dei medici riuscì a comprendere che la causa del suo malessere era psicologica, ed era attribuibile al non avere superato il suo trauma. A questo punto si rivolse a me per cercare un aiuto psicologico.
Vivere un trauma può cambiare la vita, se non si riesce ad elaborarlo. L’EMDR è proprio lo strumento adatto ad aiutare la vittima del trauma nell’elaborazione della sofferenza, dà quella spinta in più per “sbloccare” il cervello. L’EMDR facilita il meccanismo di autoguarigione stimolando il nostro sistema innato di elaborare le informazioni. Alla fine di un percorso EMDR, l’evento traumatico, qualunque esso sia stato, si trasforma in un brutto ricordo che fa parte della vita di una persona: non ha più la valenza di catastrofe sempre viva nella mente di un soggetto.
Gli studi svolti fin’ora hanno stabilito che l’EMDR è efficace per il trattamento dello stress traumatico. Buoni risultati si sono ottenuti anche nella cura degli attacchi di panico, disturbi dissociativi, disturbi d’ansia, lutto complicato, abusi, stalking. La tecnica, ancora giovane, pare essere molto promettente: ormai sono sempre più numerosi gli studi che ne confermano la validità per molti disturbi.