Si stima che le malattie psicologiche nel 50% dei casi guariscano spontaneamente. Questo dato è abbastanza rassicurante, un po’ meno per gli psicoterapeuti che non capiscono se siano loro ad essere bravi a curare i pazienti, o se essi sarebbero guariti ugualmente senza alcun intervento..
In genere le malattie psicologiche hanno carattere fluttuante, ovvero si può andare incontro a periodi di crisi, ad altri in cui i sintomi si alleviano, possono sparire, per poi tornare. Inoltre, sembrerebbe che i casi gravi tendano ad attenuarsi, a posizionarsi attorno ad un livello medio.
Perché ci sono le ricadute
L’andamento fluttuante dei sintomi è influenzato dalle stimolazioni ambientali. In particolare, quando si è stanchi, stressati, possono venirci meno le energie per affrontare le situazioni, e torniamo a stare male. Passato il momento difficile, anche la nostra salute trova sollievo.
Purtroppo la vita è complessa ed imprevedibile, la soluzione per la nostra sanità mentale non è il non avere mai problemi (impossibile), non scappare da essi (tanto ci verranno a cercare), ma capire quel è il modo migliore per affrontarli. Quello che ci fa soffrire non è il non avere problemi, ma il non sapere come risolverli quando ci sono. È proprio questo che vuole significare il concetto di stress: dovere rispondere alle richieste del nostro ambiente senza avere le risorse per farlo.
L’ansia è una normale reazione alle situazioni di stress. Essa ci rende più attivi, tesi, pronti a rispondere. Un discreto livello d’ansia migliora le prestazioni, è stato scientificamente provato, ma un eccesso di ansia è dannoso, provoca malessere e inficia i risultati.
I malati d’ansia, dopo un periodo di relativo benessere, possono avere delle ricadute, in genere in concomitanza di alcuni eventi difficili. Accade perché ci si sente impotenti di fronte ad una situazione, l’organismo si attiva eccessivamente ma non si sa come affrontare il problema. Questo stato di cose spaventa e deprime. Spaventa, perché la persona in preda all’ansia vive in uno stato di paura, deprime perché la persona, dopo un periodo di silenzio dei suoi sintomi, era convinta di essere ormai guarita.
Nel caso dell’attacco di panico, ci può essere un’improvvisa ricomparsa. Ovviamente l’attacco di panico non ci avvisa prima di arrivare, è questo che lo contraddistingue, ma il fatto che si ripresenti quando siamo convinti di essere guariti, ci sorprende ancora di più.
I campanelli d’allarme
In realtà, gli attacchi di panico non sorgono dal niente. Ci sono dei piccoli segnali che fungono da campanello d’allarme, è importante saperli riconoscere, per prevenire l’attacco e saperlo gestire. In genere, nei giorni che precedono l’attacco di panico, siamo parecchio sotto pressione. Il nostro organismo ci manda dei segnali ma non li ascoltiamo perché non possiamo fermarci. Fastidi alla pancia, nervosismo, insonnia, irritabilità, lievi tachicardie, tensione muscolare potrebbero essere alcuni di questi segnali. Non è da sottovalutare l’umore: i disturbi d’ansia sono spesso associati a stati depressivi, l’attacco di panico sovente è preceduto da un periodo di tristezza, caratterizzato da sentimenti d’abbandono.
È davvero indispensabile ascoltare bene il nostro corpo, perché esso ha il suo modo di comunicarci quando è stanco, quando dobbiamo staccare la spina.