Il termine mobbing indica una serie di comportamenti violenti, prolungati nel tempo, da parte di uno o più individui nei confronti di un altro. Questi comportamenti, spesso non raggiungono la soglia del reato, sono più che altro molestie. Però provocano alla vittima dei danni alla salute fisica, psichica, alla dignità personale e professionale.
Il termine “mobbing” deriva dall’etologia, la disciplina che studia il comportamento degli animali ed identifica il comportamento di gruppi di uccelli di piccola taglia per respingere un loro predatore.
Gli animali che “fanno mobbing” sono specie sociali che mettono in atto un comportamento rischioso per allontanare un predatore di grossa taglia, da cui, singolarmente, non riuscirebbero a difendersi: tutti insieme riescono ad allontanarlo dal loro nido!
Anche gli umani, a quanto pare, hanno imparato a “fare mobbing” sul posto di lavoro, al fine di indurre la vittima ad abbandonare “spontaneamente” la propria occupazione senza dovere incorrere al licenziamento da parte dell’azienda.
La vittima in genere subisce mobbing per non condividere dei comportamenti all’interno dell’azienda (ad esempio, è testimone di irregolarità), oppure, si rifiuta di sottostare a proposte immorali (in genere sessuali).
Il mobbing si ripete nel tempo
L’attività di mobbing può non essere di per sé illecita o illegittima, ma, col tempo, la vittima percepisce la somma delle ingiustizie subite, si sente perseguitato, sviluppa ansia, paura e vari disturbi psicosomatici.
Il mobbing si manifesta con un’azione, o una serie di azioni, che si ripete per un lungo periodo di tempo: un singolo episodio non è da considerarsi mobbing. Il mobbizzato non subito si rende conto di quello che sta succedendo, se ne accorge quando inizia ad avere problemi di salute perché somatizza la sua sofferenza.
Da chi viene fatto il mobbing?
Il mobbing può essere condotto dal superiore per indurre il dipendente a dare le dimissioni, ma anche dai pari, se sono i colleghi ad isolare la vittima, a non collaborare più con lui, escludendolo dal gruppo di lavoro. Può succedere che il mobbing venga ordinato dall’alto, ed i pari eseguono le disposizioni del capo in modo servile.
Come avviene il mobbing
Il primo a parlare di mobbing in ambiente di lavoro fu lo psicologo svedese H. Leymann alla fine degli anni ottanta. Secondo lo studioso, l’aggressività può essere esercitata attraverso:
la comunicazione (si urla, si critica, si interrompe la comunicazione, si parla della vita privata, si mormora con un altro della vittima quando lei se ne accorge, non si forniscono le informazioni in tempi utili);
la reputazione (si usano strategie quali offese pubbliche, pettegolezzi, umiliazioni, trasferimenti ingiustificati);
la prestazione (si danno lavori inferiori al proprio livello, si assegnano compiti senza senso o pericolosi, si assegnano compiti da eseguire in fretta l’ultimo giorno utile).
Si procede quindi ad una progressiva preclusione delle risorse indispensabili per lo svolgimento della normale attività lavorativa: lentamente, si “cancella” il lavoratore dal posto di lavoro.
Il mobbing fa ammalare
Il mobbing non è una malattia, ma ha il potere di fare ammalare, anche in modo grave, chi lo subisce. La patologia psichiatrica più frequentemente associata è il disturbo dell’adattamento, caratterizzato da ansia, depressione, perdita dell’autostima, insonnia, isolamento. Tra i sintomi fisici, è presente annebbiamento della vista, tremore, tachicardia, sudorazione fredda, gastrite, dermatosi. Le persone mobbizzate sono a rischio di suicidio.
La vittima può intuire che l’unica cura sia dare le dimissioni. Questa pratica purtroppo sembra essere abbastanza diffusa anche in Italia. È possibile denunciare la propria azienda per mobbing, anche se molti lavoratori ne sono spaventati, perché non è facile portare in tribunale prove delle aggressioni subite, specie se sono verbali, e specie se i colleghi sono restii a testimoniare.