L’adolescente è alla ricerca dell’identità nuova, un processo complicato e tortuoso.
Una delle conquiste dell’adolescenza è l’acquisizione della capacità di pensare in modo astratto, che permette di immaginare alternative per il mondo politico, sociale, familiare, scolastico.
Egli mette così in discussione le realtà vicine per idealizzare realtà alternative. I contesti ad essere messi in discussione per primi sono quelli più vicini, come la famiglia o la scuola, mentre realtà non direttamente tangibili vengono accettate ancora per parecchio tempo. La possibilità di pensare a realtà lontane dalla quotidianità aiutano il ragazzo a moltiplicare gli interessi e gli impegni. Si allargano gli orizzonti geografici che alimentano il desiderio di viaggiare e conoscere posti nuovi. Si prende consapevolezza di differenze culturali e si ampliano gli orizzonti sociali. C’è curiosità per stili di vita alternativi. Inoltre, il giovane prende consapevolezza della dimensione temporale e inizia a pensare in termini realistici al futuro. Comprende che alcuni progetti che aveva fin da bambino sono irrealizzabili, mentre altri sono possibili solo al prezzo di sacrifici. Si fa sempre più precisa la distinzione tra reale e ideale.
Pensare in astratto
Pensare in astratto permette all’adolescente di riflettere su di sé, su quello che è, su chi potrebbe diventare, su chi sarebbe se fosse nato in un differente contesto. Queste considerazioni non sono tipiche dell’adolescenza perché si fanno già da bambini, ma a questa età la riflessione su sé stessi è più approfondita ed elaborata.
La riflessione su di sé porta l’adolescente a comprendere che vi sono discrepanze tra come si vede lui e come lo vedono gli altri, ed è portato a vagliare l’opportunità di adeguarsi alle aspettative sociali. Nascono tensioni tra quello che vorrebbe essere e quello che dovrebbe essere. Si colloca in una prospettiva temporale (come sono adesso, come sarò tra un anno, come sarò da adulto).
Queste tensioni aiutano l’adolescente a reagire, ad impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi. Ma possono anche, nel caso la discrepanza tra piano reale e piano ideale sia troppa, portare all’apatia. La speranza in un colpo di fortuna che permetta di realizzarsi (vincita alla lotteria, incontro con un personaggio dello spettacolo…) disimpegna l’adolescente a fare sacrifici per raggiungere condizioni meno appetibili ma più realistiche. L’aver vissuto durante l’infanzia e la fanciullezza molte esperienze frustranti può inibire l’aspirazione a crescere, pensare che nulla potrà mai cambiare porta ad arrendersi prima di fare dei tentativi per realizzarsi.
Le interazioni con gli altri
Lo sviluppo del concetto di sé è strettamente in relazione con lo sviluppo di alcuni altri concetti influenzati dalle interazioni sociali:
– L’amicizia: per i bambini gli amici sono i coetanei che vengono frequentati con assiduità. Un cambio di residenza può portare alla fine dell’amicizia. Nella preadolescenza l’amico è una persona con cui si ha confidenza e si condividono molte esperienze lungo un arco di tempo. Nell’adolescenza i sentimenti nei confronti degli amici si approfondiscono, il concetto di sé è legato anche a quanto ci si impegna nell’amicizia.
– L’autorità: i bambini riconoscono l’autorità degli adulti in quanto tali, mentre gli adolescenti riconoscono l’autorità a chi dimostra di essere competente e rigoroso in un particolare ambito.
– La moralità: può essere definita come rispetto delle regole, come giustizia (assicurare a tutti imparzialità di trattamento), come prendersi cura degli altri. In genere gli adolescenti assumono i valori dei propri genitori, che sono considerati guide morali specialmente se l’adolescente si sente preso in considerazione e partecipe alla vita in famiglia.
L’autostima
Un altro problema che affronta l’adolescente, concernente l’acquisizione di una propria identità, è la stima di sé, ovvero amarsi ed accettarsi come persona.
La stima di sé sembrerebbe legata all’accettazione da parte dei coetanei, alla competenza scolastica e atletica, alla condotta e, più rilevante di tutti, all’aspetto fisico. Crescendo, diviene sempre meno rilevante il rimando che viene dato al giovane da parte dei genitori e degli insegnanti, e diventa saliente l’opinione e la popolarità goduta tra i coetanei.
Il sentirsi bravo in un ambito aiuta la stima di sé solo nel caso in cui il ragazzo lo reputi degno di valore, ad esempio essere un bravo nuotatore ha poca importanza se tale sport è stato imposto dal genitore o dal medico.
L’aspetto fisico sembrerebbe la maggior fonte di soddisfazione per gli adolescenti, in particolare modo per le femmine, più attente alla cura di sé. È stato notato che ragazze che si giudicano poco attraenti hanno una stima di sé inferiore ai loro coetanei maschi insoddisfatti del proprio aspetto.
Riflettere su di sé
Il riflettere su di sé e sulle proprie possibilità è la via che porta ad acquisire un’identità definita. L’adolescente si trova di fronte a molte possibilità e deve sceglierne alcune rinunciando ad altre, passando attraverso dei periodi di sperimentazione di alcune delle strade possibili, che in certi casi verranno abbandonate, in altre perseguite con perseverazione.
Vi sono persone che non riescono a fare delle scelte perché non sanno rinunciare a delle possibilità e diventando incapaci di assumere degli impegni, preferiscono continuare a sperimentare più percorsi senza mai giungere ad un punto di arrivo.
Gli ostacoli
Gli ostacoli ad un’acquisizione dell’identità possono essere dovuti ad un atteggiamento iperprotettivo della famiglia, o a povertà di stimoli. Queste condizioni inibiscono il processo di sperimentazione e di ricerca di sé stessi.
Identità definitiva
Un’identità definitiva viene raggiunta quando si trova un punto di equilibrio. Si sintetizzano i concetti di sé maturati nella sperimentazione in più ambiti in una rappresentazione unitaria di sé, qualitativamente superiore alla somma delle sue singole componenti.