Scommetto che ad ognuno di voi, ogni tanto, scappano frasi simili alle seguenti: “se i miei figli si comportassero bene, io non mi arrabbierei”; “se mio marito mi facesse divertire, sarei una persona allegra”; “se le cose andassero per il verso giusto, sarei tranquillo”… Sono tutte situazioni in cui soffriamo e pensiamo che la causa del nostro malessere sia il comportamento sbagliato di qualcun altro.
Il modo di reagire quando le nostre esigenze non vengono rispettate varia a seconda del nostro carattere: possiamo stare in silenzio senza esprimere la rabbia, rassegnarci, diventare ancora più compiacenti nella speranza di essere prima o poi ricambiati, oppure reagire con aggressività, accusando il fautore della nostra infelicità. Le differenti reazioni a questa situazione sono accomunate da un’unica motivazione: pretendiamo che gli altri ci rendano felici, ma purtroppo non lo fanno.
Ci ritroviamo a sprecare molto tempo ed energia per cambiare gli altri, ma il più delle volte questo non succede e ci sentiamo ancora più scoraggiati di prima.
Proprio in questa situazione si è trovato Giovanni, un mio attuale paziente. Egli è un brillante imprenditore quarantenne che, nonostante le molte soddisfazioni che la vita gli ha dato, soffre. L’uomo arriva al suo primo appuntamento con le idee piuttosto chiare: “Sono una persona troppo aggressiva, quasi tutti i giorni tratto male chi mi sta vicino, ma subito dopo mi sento in colpa e me la prendo con me stesso. Il problema è che i miei scatti d’ira sono incontrollabili. Io sono qui per diventare una persona assertiva”.
Secondo la psicologia, ci sono tre principali modi di relazionarsi con gli altri: il modo assertivo, il modo aggressivo, ed il modo passivo. Le persone assertive sono quelle che hanno trovato un giusto equilibrio tra il soddisfare le proprie esigenze e rispettare gli altri. La filosofia di vita della persona assertiva è la seguente:
– Non mi aspetto che gli altri si comportino come io vorrei
– È un diritto di tutti fare richieste
– È un diritto di tutti rifiutare
– È un diritto comunicare le emozioni.
Relazionandoci agli altri avendo ben in mente questi principi, evitiamo di sentirci frustrati ogni qual volta le nostre aspettative non sono soddisfatte, impariamo a fare apertamente delle richieste, ad esprimere i nostri desideri accantonando la paura del rifiuto, a rispondere all’altro con empatia anziché con amarezza o aggressività. Dobbiamo partire dal presupposto che non possiamo cambiare gli altri ma possiamo cambiare noi.
Le persone aggressive invece sono molto concentrate su sé stesse e non tengono conto delle esigenze altrui. Pretendono, sono convinti di non sbagliare mai e non sentono se gli altri soffrono per il loro irritante atteggiamento. L’aggressivo ha sicuramente il vantaggio di ottenere ciò che vuole, ma col tempo è destinato alla solitudine.
Le persone passive, al contrario, non fanno mai delle richieste esplicite, ma si aspettano che col tempo saranno ricambiati in modo spontaneo. Purtroppo questo non avviene e la frustrazione in loro aumenta sempre di più, fino a che, in certi casi, possono “esplodere”. Subito dopo però si sentono in colpa per come si sono comportati, ed il circolo vizioso ricomincia.
Quest’ultimo atteggiamento è quello che caratterizza Giovanni, che ha sovente scoppi d’ira perché gli altri non si comportano come vorrebbe lui. Non crede di essere una persona capricciosa ed esigente, gli pare di avere delle aspettative del tutto nella norma, ma non riesce ad ottenere ciò che vuole e così inizia ad urlare, per poi dispiacersene profondamente. Una delle vittime dell’aggressività di Giovanni è Elisa, la sua fidata segretaria. Purtroppo Elisa è una donna molto distratta, che quasi quotidianamente compie errori sul lavoro. Giovanni spesso rimprovera Elisa, alcune volte fino ad insultarla. Il risultato è che Elisa si agita e sbaglia ancora di più mentre Giovanni, dopo essersi infuriato, si sente in colpa. A quel punto lascia perdere, come se il motivo di tanta rabbia non avesse più importanza. Elisa così non pensa di avere un capo esigente, ma piuttosto un capo lunatico soggetto a sbalzi di umore!
La moglie di Giovanni, Paola, è un’altra delle persone che lo mette in difficoltà. Giovanni se la prende molto quando lei non risponde al cellulare, o non è disponibile ad uscire con lui. L’uomo però non è in grado di fare richieste in modo adeguato alla moglie, o esprimere i propri sentimenti, ma preferisce chiudersi in sé stesso, magari facendo il muso. Paola però non pare accorgersi neppure che il marito è così tanto offeso!
Diventare assertivo è l’obiettivo che Giovanni si è posto iniziando il suo percorso terapeutico. Egli dovrà imparare a fare richieste in modo adeguato, ad accettare i rifiuti, ad esprimere i propri sentimenti e a motivare gli altri. E’ un paziente intelligente, dopo le prime sedute inizia ad assaporare i vantaggi dell’essere assertivo, nota che si arrabbia molto meno applicando alcuni semplici accorgimenti, le persone che gli stanno vicino lo capiscono più velocemente e si relazionano con maggior piacere a lui. Giovanni sta sperimentando che per stare meglio non si devono cambiare gli altri (impresa impossibile), ma solo modificare qualcosa di sé stessi. Ancora qualche seduta e Giovanni si sentirà decisamente meglio.